King Crimson “Texas Hall Arlington Texas”

dscf3478Texas Hall 2lp – CBM 3010/4240 U.S.A.  Side a: Intro: Lark’s Tongues in aspic pt.1/ Easy Money; Side b: Book of saturday/ Lament/ Improv./ Exiles; Side c: The night watch/ Fracture; Side d: Lark’s tongues in aspic pt.2/ 21st century schizoid man

Texas Hall, University of Texas, Arlington, TX 06 ottobre 1973: sono passati 43 anni da quella serata e circa 39 da quando mi sono imbattuto in una copia di questo disco e devo dire che, nonostante gli anni siano implacabilmente passati

il suo ascolto rimane in grado di suscitarmi forti emozioni; nonostante nel tempo abbia avuto modo di trovare molti altri concerti, anche con una qualità sonora migliore, questo rimarrà per me per sempre “il” concerto per antonomasia dei King Crimson. Oggi come allora, la dissolvenza che porta all’introduzione di Lark’s Tongues in Aspic Pt.1, è un segnale di sgancio degli ormeggi dalla realtà ed un invito ad imbarcarsi in un lungo percorso a due, io ed il Re Cremisi, nell’esplorazione di un mondo di note. L’intro è di per se molto bella e crea quella tensione utile ad affrontare l’ascolto del LTIA 1, in una versione accademica, con i suoi forti crescendo e le sue pause, con i momenti di caos organizzato di gruppo, alternati a tratti percorsi sotto la spinta di un solo strumento. E’ stata un degno inizio per la serata, tanto che le ultime note di Chitarra vennero subito seguite da un fragoroso applauso del pubblico presente, un pubblico abbastanza educato da non lasciare eccessive tracce sonore della propria presenza, nonostante la registrazione sembri provenire proprio dal lato dell’audience (solo la versione contenuta in un singolo Lp, Senabular, avrà la qualità stereo ed un sound decisamente più pulito). Fripp dedica qualche minuto a scherzare con il pubblico (Fripp!!!) per introdurre il secondo brano della scaletta, una bella versione di Easy Money, anche questa caratterizzata da una tensione di fondo che tiene il brano in un apparente costante disequilibrio, come se dovessero sovrapporsi le note da un momento all’altro, cosa che non succede ma che testimonia di come il gruppo fosse già in grado di catturare il pubblico e portarlo a spasso con le sue note. Con due brani si chiude una facciata, a testimonianza di quanto le esecuzioni siano state particolareggiate e il cambio di lato introduce una bella versione di Book of Saturday, non particolarmente intensa ma decisamente ben eseguita: l’atmosfera non è per una serata da brani troppo melodici e lo dimostra subito quello seguente, Lament, una versione nuovamente tesa e nervosa, con una ritmica molto veloce ed aggressiva e con una forza a fatica contenuta nei vari passaggi tra le strofe cantate da John Wetton con una voce più ruvida del solito. Altra rapida dissolvenza verso una improvvisazione tipica dei KC, su una base ritmica scandita ossessivamente da Bill Bruford, mentre gli altri vanno l’uno a caccia dell’altro, inseguendo una linea melodica in costante cambiamento. Non voglio dire che David Cross abbia indovinato in questa serata il tono del Mellotron in maniera da non risultare troppo stridente, però ci è andato molto vicino, per essere perfettamente integrato nei meccanismi delle improvvisazioni dei KC, come poche altre volte l’ho potuto ascoltare. Il pezzo corre veloce, come il ritmo impone, solo alcuni fraseggi di Basso e Mellotron sembrano volerlo ricondurre ad una melodia classica, ma i continui interventi di varie percussioni rendono troppo sincopato il contesto per potersi adagiare troppo. Verso la fine del brano la Chitarra sembra voler ricordare a tutti che si tratta dei KC, con stridenti fraseggi veloci che convogliano tutti verso un tuffo finale per raggiungere l’intro di Exiles, con le sue atmosfere indiane sottolineate dall’ottimo Violino di Cross: ho detto che non sembra essere stata una serata per brani melodici, però devo dire che questa versione di Exiles è molto affascinante e coinvolgente. Con gli armonici ed il crescendo di Mellotron, il brano termina e chiude l’ascolto del primo disco.

Il secondo disco apre con Night Watch, brano all’epoca inedito, in una forma quasi del tutto uguale a quella che verrà poi utilizzata per la versione ufficiale di Starless and Bible Black, che ricordo, venne pubblicato il 29 marzo 1974, utilizzando alcune versioni in concerto registrate durante il tour europeo che ebbe a seguire nel novembre queste ultime tappe del tour statunitense dei Crimso. NW viene seguita da un ulteriore brano inedito, Fracture, questo si con dei passaggi diversi da quelli che solo 47 giorni dopo caratterizzeranno la versione del Concertgebow di Amsterdam, quella appunto che verrà utilizzata per l’album ufficiale, depurata dagli applausi: qui si sentono dei passaggi finalizzati a prendere una rincorsa più lunga tra le varie fasi del brano, c’è una enfasi maggiore in tutte le parti, tanto che il pezzo risulterà essere più lungo di almeno due minuti rispetto alla versione finale accreditata. Sembra essere proprio Fripp quello che non ha ancora deciso dove condurre il resto del gruppo: nel breve tempo seguente è riuscito a prendere le sue decisioni, ma devo dire che le parti che ha scartato dalla versione definitiva, sono tutt’altro che scadenti, danno anzi un timbro ancora più allucinato al brano. Il finale, già nella sua forma definitiva, è potente, scandito da una percussione incalzante, non troppo violenta, come accadrà invece nel tour americano del aprile/giugno 1974, quello che chiuderà la prima fase dei KC.

La quarta facciata apre con il medley tra The Talkin Drum e Lark’s tongues in aspic part 2, oramai un classico per la band, eseguito con il solito teso e nervoso crescendo di TTD, sino agli stridori che precedono LTIA2. Il gruppo è in palla, si sente nelle parti di Violino/Basso prima e Chitarra/Basso poi, durante TTD, eseguite con forza veemente: LTIA2 offre la sua calma apparente all’inizio, ma l’esecuzione è molto caratterizzata da entrate decise di tutti gli strumenti, tanto da fare sempre percepire quella tensione che dall’inizio della serata è stata il filo conduttore dei brani strumentali: il contrappunto tra la Chitarra e gli altri strumenti è scandito dalle lunghe e velocissime rullate di Bruford, che fanno partire una serie di nervosi scatti di Violino, pronti a rientrare di colpo nel tema principale. Gran bella esecuzione, tutto sommato. Segue il bis, 21st Century Schizoid Man, eseguito con maestria da tutti i membri la band: segue lo schema classico di quelle tourneè, strofe iniziali che lasciano spazio, dopo i fraseggi caratteristici del brano, ad un primo solo di Chitarra molto distorto con la sezione ritmica a fare da contrappunto iniziale per prendere poi brevemente il sopravvento con un breve solo di Basso/Batteria che introduce nuovamente suoni e note distorte di Chitarra e Mellotron, che torneranno sulle tonalità del primo passaggio, con maggiore veemenza e distorsione. Fripp non si risparmia, la versione è decisamente convogliata verso un finale muscolare, ad introdurre l’ultima strofa del cantato, interpretata con la solita “rabbia” , a coinvolgere con un ultimo scossone il pubblico verso le note finali della serata. Le urla finali sfumano rapidamente, la puntina si alza dal vinile in attesa in un prossimo giro insieme al Re Cremisi, Texas Hall ha fatto ancora una volta il suo dovere.